HUMAN, presented as a noun barred by a black line, means the concept of the human being and its negation at the same time. This performance by Marco Baliani and Lella Costa interrogates our deep sense of migration and its universal significance. The investigation starts with the myth of Aeneas, a man without a country and a refugee who gave birth to the city of Rome, and the myth of Hero and Leander, the two lovers who lived on the opposite shores of the Hellespont.
It begins long ago and follows the path to the present day. Through the use of irreverent irony, the work hopes for an awakening of conscience, a revelation of hypocrisy and fear, questioning the very concepts of immigration and integration in our society. The topical issue of immigration is treated in a novel way and without rhetoric.
Marco Baliani and Lella Costa fine-tune all the various scenes skillfully. They even manage to make one part comic, where Lella, as a Venetian lady, reveals her opinions about today’s high rate of immigration and traffics in other stereotypes about the concept of “immigrant”.
“Human is the body in its physical and mental integrity, in its individuality,” explain Baliani and Costa. “When this integrity is suppressed or canceled by violence, inhumanity rushes in. With our theatrical research we would like to investigate the sense of annulment, the threshold that separates the human from the inhuman.”
HUMAN is a show that takes aim at popular sentiment, a provocative theater that is good for the public as citizens and is also true to the essence of theater itself, which lives in truth on stage.
Red and brown are the dominant colors of the scenery as well as of all the actors’ costumes and even of the bare-bones objects on stage, consisting of cubes of clothing stacked as needed, recalling the red blood of the victims of the sea.
Along with the two great lead actors, we also meet four young performers (David Marzi, Noemi Medas, Elisa Pistis and Luigi Pusceddu) who portray so well two pairs of young people who talk about the phenomenon of immigration with a character named Nonchalance during a dinner. This is before the character Tg shows scenes of pitiless deaths of refugees after a sea crossing.
In another interesting scene we see a rescuer on shore after the landing of some immigrants who have lost their lives. The shock of the rescuer is contrasted with the cynical perspective of a photojournalist who seeks the “right” image to make headlines.
The original music by Paolo Fresu and the magnificent costumes by Antonio Marras complete the picture of this spectacle full of humanity.
HUMAN sostantivo sbarrato da una linea nera, che intende il concetto dell’essere umano e la sua negazione al tempo stesso. Lo spettacolo di Marco Baliani e Lella Costa si interroga sul senso profondo del migrare e sul suo significato universale: si parte dal mito di Enea, uomo senza patria e profugo da cui nacque la città di Roma, e il mito di Ero e Leandro, i due amanti che vivevano sulle rive opposte dell’Ellesponto. Si parte da lontano per arrivare ai giorni nostri, tramite l’uso di un’ironia dissacrante si auspica un risveglio delle coscienze, lo svelarsi di ipocrisie e paure, l’interrogarsi sui concetti di immigrazione e integrazione nella nostra società.
Il tema attualissimo dell’immigrazione è trattato in modo inedito e senza retoriche:
Marco Baliani e Lella Costa hanno saputo calibrare benissimo le varie sequenze, riuscendo perfino a rendere comica la parte in cui Lella si immedesima in una signora veneta, che espone la sua opinione riguardo l’alto tasso di immigrazione odierno e altri luoghi comuni sul concetto di “immigrato”.
«Umano è il corpo nella sua integrità fisica e psichica, nella sua individualità – spiegano Baliani e Costa – Quando questa integrità viene soppressa, o annullata con la violenza, si precipita nel disumano. Con la nostra ricerca teatrale vorremmo indagare quel senso di annullamento, quella soglia che separa l’umano dal disumano».
HUMAN è uno spettacolo volto al sentire comune, un teatro provocatorio che fa bene agli spettatori in quanto cittadini e anche all’essenza del teatro stesso, che vive di verità in scena.
I rossi e i bruni sono stati i colori dominanti dei costumi di scena di tutti gli attori ma anche delle parti della scarna scenografia, consistente in cubi di vestiti che venivano impilati a seconda delle necessità, un richiamo al rosso sangue delle vittime del mare.
Insieme ai due grandi attori, incontriamo anche quattro giovani interpreti (David Marzi, Noemi Medas, Elisa Pistis e Luigi Pusceddu), che ben intrepretano due coppie di giovani che parlano del fenomeno dell’immigrazione con Nonchalance durante una cena davanti un Tg che mostra scene impietose di profughi morti dopo una traversata in mare.
Interessante anche la sequenza che vede in scena un soccorritore sgomento sulla riva dopo lo sbarco di alcuni immigrati che hanno perso la vita, e il punto di vista cinico di una fotoreporter che cerca l’immagine “giusta” che faccia scalpore.
La musiche originali di Paolo Fresu e i magnifici costumi di Antonio Marras completano lo scenario di questo spettacolo pieno di Umanità.